Occhi puntati sull’Information Ratio

Ufficio Studi Fida Ufficio Studi Fida - 29/05/2020 14:47

L’obiettivo di un investitore razionale dovrebbe essere certamente la massimizzazione del rendimento ma, come è noto, anche e contemporaneamente il contenimento del rischio. Sebbene in uno scenario teorico, di fronte a due portafogli che offrono pari rendimento e differente rischiosità, la scelta sia immediata, nella realtà diversi portafogli hanno diversi rendimenti e diverse volatilità rendendo più complesso il processo di valutazione. In questi casi sono particolarmente utili gli indicatori che tengono conto di entrambi gli aspetti, le cosiddette misure RAPM (Risk Adjusted Performance Measures). Tra le più note abbiamo l’indice di Sharpe, l’indice di Sortino, l’indice di Modigliani, l’indice di Treynor e, appunto, l’Information Ratio.

In generale, le misure di rischio e rendimento possono essere assolute, quando non vi sono parametri cui essere confrontate oppure relative, quando i rendimenti sono confrontati ad un indice di riferimento, il benchmark. L’information ratio (IR) è una delle misure RAPM relative maggiormente diffuse tra gli operatori del risparmio gestito: in questo ambito è frequente che all’interno di politiche di gestione basate su un’asset allocation di riferimento, le scelte attive abbiano l’obiettivo di accrescerne le performance alterandone il meno possibile le caratteristiche di esposizione ai mercati.

Tecnicamente l’IR è il rapporto fra l’extrarendimento del portafoglio rispetto al benchmark (tracking error) e la volatilità di tTecnicamente l’IR è il rapporto fra l’extrarendimento del portafoglio rispetto al benchmark (tracking error) e la volatilità di tale differenza (tracking error volatility). Livelli elevati di questo indicatore indicano pertanto la capacità del gestore non solo di battere il benchmark, ma di farlo in maniera costante. In questo modo si concentra l’attenzione su un indicatore di performance relativa che, a differenza di quella assoluta, premia la stabilità dei rendimenti e sfavorisce le politiche di investimento eccessivamente aggressive e che generano rendimenti più volatili.

La volatilità però in questo caso non è vista come indicatore a sé stante, ma in rapporto all’indice benchmark di riferimento. L’utilizzo della Tracking Error Volatility come misura di rischio infatti premia maggiormente quei gestori che riescono a mantenere un’elevata correlazione dei rendimenti con il proprio benchmark, anche a scapito della volatilità complessiva.

Se un Information Ratio positivo è sinonimo di gestione attiva e efficiente, mentre un valore prossimo allo zero suggerisce una gestione passiva, sotto lo zero l’indicatore non ha alcun significato. Un esempio ne chiarisce il motivo: un portafoglio A con extrarendimento -5% e TEV del 10% risulterebbe avere un IR migliore, pari a -0,5, rispetto ad un portafoglio B con extrarendimento -3% e TEV del 5%, entrambi migliori del precedente, il cui IR sarebbe pari a -0,6.

Nel prossimo articolo sull’Information Ratio tratteremo il dettaglio del calcolo dell’indicatore, puoi trovare qui tutti i contributi su questo argomento.

Trovi una sintesi degli altri indicatori RAPM su Enciclopedia della Finanza.

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