Nei mercati azionari, siamo ottimisti su tutte le principali regioni, con l ‘eccezione degli Stati Uniti, dove abbiamo una ponderazione neutrale nel nostro modello di asse t allocation, e nei mercati emergenti, che continuiamo a sottopesare. A nostro giudizio, gli Stati Uniti sono indubbiamente l ‘ economia sviluppata più vigorosa al mondo nonché sede di una serie di leader globali in vari settori. Continuiamo a individuare in teressanti opportunità a lungo termine a livello di singoli titoli in aree con un ottimo potenziale di crescita, quali ad esempio l ‘immunologia. Per quanto riguarda il mercato in generale tuttavia le valutazioni sono meno allettanti e siamo ancora dell ‘idea che l’apprezzamento del dollaro costituirà verosimilmente un ostacolo per le multinazionali statunitensi.
Le azioni dei ME sono negoziate a uno sconto significativo rispetto ai mercati sviluppati; vi sono buone opportunità nei paesi beneficiari del ca lo dei prezzi del petrolio e in cui i rispettivi governi si sono impegnati ad attuare riforme favorevoli alle imprese. Purtroppo i ME esportatori di materie prime, come il Brasile, restano sotto pressione. Analogamente le basse quotazioni petrolifere rappresentano un grattacapo per diversi esportatori di greggio dei ME, con ricadute negative per le loro valute.
In Asia, Giappone escluso, le valutazioni sono interessanti rispetto ad altri mercati e proprio in Giappone prevediamo che il deprezzamento dello yen favorirà in maniera significativa gli utili societari quest’anno. Sulle azioni del Regno Unito si sono incentrati alcuni nostri incontri sull’asset allocation nel mese scorso; nonostante il marcato rialzo del mercato, il nostro team britannico continua a individuare società impegnate a incrementare i rendimenti per gli azionisti. Il Regno Unito resta altresì un obiettivo per le operazioni di fusione e acquisizione in ragione della relativa semplicità del processo di acquisizione e l ‘ elevato rendimento da dividendo del mercato è ancora appetibile in un contesto globale.
Nei mercati obbligazionari, osserviamo un crescente divario tra Stati Uniti e Regno Unito da una parte, dove i rendimenti dovrebbero muoversi al rialzo, e l’Europa dall’altra, dove il 9 marz o la BCE ha iniziato a intervenire nei mercati secondari. Per i precedenti episodi di QE ha trovato applicazione il motto “buy the rumor, sell the fact” (compra sulle indiscrezioni, vendi sui fatti) relativamente ai mercati dei tassi, ma per l’Europa riten iamo che l’entità degli acquisti della BCE sarà positiva per i mercati sin da adesso. Ciò sembra essere confermato dall’andamento delle quotazioni; mentre scrivo, i rendimenti dei bund decennali sono scesi ulteriormente fino ad appena lo 0,2%.
Un effetto secondario della politica della BCE è che molti emittenti societari non euro si stanno orientando sui mercati obbligazionari europei in ragione della disponibilità di finanziamento a costi estremamente bassi; una stima indica che dei 37,8 miliardi di euro d i emissioni non finanziarie investment grade osservate a febbraio, qualcosa come 30,8 miliardi di euro provengono da società costituite fuori dall ‘ eurozona! Per i mercati obbligazionari più in generale, il secondo maggior catalizzatore potrebbe essere rapp resentato dalla Fed; qualsiasi variazione del suo linguaggio sarà verosimilmente interpretata come una preparazione a un aumento dei tassi, sebbene il vigore del dollaro e i bassi prezzi del petrolio suggeriscano che i dati generali sul CPI dovrebbero cont inuare ad attestarsi su livelli contenuti, il che significa che non vi è alcuna evidente urgenza di innalzare i tassi. La recente solidità dei mercati del lavoro costituirà tuttavia uno spunto di riflessione per la Fed e nelle prossime settimane seguiremo attentamente gli sviluppi.
a cura di Threadneedle
Fonte: www.finanzaoperativa.com
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