Quanto può fare la Fed per l’economia Usa

Finanza Operativa Finanza Operativa - 20/09/2019 17:25

“Con l’economia globale a fronteggiare venti contrari sempre più forti, abbiamo deciso di ridurre le nostre stime su crescita globale e tassi di interesse. La Federal Reserve ha però una varietà di strumenti ai quali attingere, alcuni anche non convenzionali, che pensiamo possano aiutare l’economia Usa”. E’ quanto sottolinea Eric Winograd, Senior Economist di AllianceBernstein.

Secondo l’esperto, l’economia degli Stati Uniti dovrebbe continuare a espandersi, seppur a ritmi più lenti. La Fed quindi non dovrebbe trovarsi costretta a introdurre nuove misure nei prossimi trimestri. Niente recessione non vuol dire tuttavia non vi siano dei rischi da considerare e diventa opportuno quindi valutare quali siano effettivamente le armi a disposizione della banca centrale americana.
Trovandoci nelle fasi tardive del ciclo economico, sembrerebbe che le cartucce per la Fed siano poche. I tassi di interesse in un range del 2%-2,25% sono bassi rispetto agli standard storici e con il probabile taglio di 25 punti base in arrivo nel meeting di settembre diverranno ancora più risicati.

“La fotografia cambia se si guarda però al resto del mondo, dove Bce e Bank of Japan stanno mantenendo tassi negativi. Il Fomc potrebbe dunque decidere di tagliare i tassi a zero nel caso le probabilità di recessione salissero, anche se le nostre stime vedono più plausibile livelli tra lo 0,5% e l’1% durante il prossimo anno. Nel caso di uno scenario di crescita negativo, un azzeramento non è comunque da escludere. E se non bastasse? Una discesa in territorio negativo è possibile, ma improbabile. L’esperienza ha mostrato che tassi negativi non hanno causato dislocazioni sistemiche all’interno del settore finanziario come qualcuno temeva, ma non sono nemmeno state efficaci nello spingere la crescita e lo scetticismo della Fed per questa politica è ben noto”.

Un altro strumento – prosegue Winograd – potrebbe essere utilizzare la forward guidance, con l’impegno di esimersi dall’applicare rialzi ai tassi per un certo periodo o fino al raggiungimento di determinati obiettivi. Come si è visto, la forward guidance si è dimostrata efficace nella fase di ripresa dall’ultima recessione e potrebbe esserlo ancora. Una scelta potrebbe essere anche un rialzo del target sull’inflazione che darebbe un chiaro segnale ai mercati di un atteggiamento più che accomodante. Ci sono delle ovvie preoccupazioni sulla credibilità di un target di inflazione più alto, ma è comunque un’opzione.


Il possibile ritorno del Quantitative easing

Se la combinazione di una politica a tassi zero e una forward guidance rassicurante non fosse abbastanza, secondo Winograd la mossa successiva sarebbe il riavvio del Qeantitative easing (Qe). Il bilancio della Fed è ora a 3.750 miliardi di dollari, ovvero 750 miliardi al di sotto del picco raggiunto due anni fa. C’è quindi margine per un potenziale riavvio, soprattutto se si considera che non c’è limite al rialzo e che le emissioni di debito Usa sono salite in linea al deficit di bilancio. Il Qe potrebbe essere stato visto come non convenzionale quando è stato proposto per la prima volta, ma il suo status ora è cambiato.

La banca centrale Usa potrebbe inoltre provare a ridurre i rendimenti obbligazionari di lungo termine. Se i tassi fossero già a zero, nota l’esperto di AllianceBernstein, il Fomc potrebbe resuscitare l’Operation Twist, policy che prevedeva la concentrazione degli acquisti nella parte lunga della curva di rendimento. Oppure ci sarebbe da prendere esempio dal Giappone e operare un controllo dei rendimenti, impegnandosi ad acquistare tante obbligazioni quanto basta per mantenere i rendimenti di lungo termine entro un certo limite.

“Ci sono tuttavia anche misure più aggressive. Potrebbe creare strumenti di credito che garantiscano liquidità alle banche a bassissimo prezzo, con la clausola che questi fondi vadano poi riversati nell’economia sotto forma di prestiti. La Fed non ha l’autorità legale per fare credito diretto a istituzioni non di deposito, ma il passaggio attraverso il settore finanziario potrebbe abbassare il costo del credito stesso e aumentarne la reperibilità per i privati”, conclude Winograd.

Fonte: www.finanzaoperativa.it

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