Il segretario Yellen ha venduto bene ieri al Senato il pacchetto fiscale dell'amministrazione Biden, a giudicare dal rimbalzo messo a segno dagli indici azionari USA. Ancora una volta Wall Street ci ha visto bene; meglio di molti investitori sprovveduti.
La stagione degli utili del quarto trimestre non poteva incominciare meglio. Delle compagnie dello S&P500 che fino ad ora hanno rilasciato i dati di bilancio del quarto trimestre, il 96% ha battuto le stime degli analisti. Si tratta ovviamente di un dato insostenibile, destinato a ridimensionamento man mano che la earnings season entrerà nel vivo; ma sufficiente per persuadere gli analisti a rivedere le proiezioni per il Q4: orientate ora verso una contrazione degli EPS operativi di appena il 6.4% rispetto all’anno precedente. Di questo passo, non sarebbe sensazionale una clamorosa variazione non negativa rispetto ad un anno fa. Ancora una volta il mercato azionario ci ha visto giusto; difettando della miopia da cui sono affetti non pochi osservatori di mercato.
Certo gli Stati Uniti si vendono bene, potendo arruolare piazzisti del calibro dell’ex governatore della Fed Janet Yellen, impegnata ieri attivamente nel collocare al Senato il mega pacchetto fiscale dell’entrante amministrazione Biden. Agli investitori deve aver fatto una buona impressione, a giudicare dal generoso rimbalzo messo a segno ieri dagli indici americani.
D’altro canto, è facile piazzare un prodotto che si vende da sé. Il discorso, questa volta, è generale. A dicembre ben 16 delle 38 economie mondiali – avanzate ed emergenti – monitorate dall’OCSE, vantava un Composite Leading Indicator (CLI) superiore ai 100 punti: soglia che convenzionalmente separa espansioni da contrazioni del ciclo economico. È un dato confortante che giunge non a sorpresa: la ripresa economica globale è stata conclamata ad ottobre, quando più del 20% delle economie mondiali ha visto il CLI salire oltre l’asticella dell’equilibrio. A quel punto le dinamiche di mercato hanno incorporato diverse e migliori aspettative, ricalibrando le quotazioni di conseguenza.
Il dato citato ha due ordini di conseguenze. Anzitutto, l’ampiezza della ripresa economica raggiunge le proporzioni conseguite a dicembre, in quasi tutti i casi storici in tempi brevi si supera la soglia del 50%: l’espansione diventa generalizzata, globale; più o meno sincronizzata.
In secondo luogo, già l’uscita dai livelli depressi conseguiti in primavera, disegna una precisa dinamica di mercato: il Rapporto Giornaliero di oggi suggerisce il profilo medio dello S&P quando si inaugura un percorso di crescita globale; a confronto con l’andamento effettivamente posto in essere da dicembre in avanti: le due linee coincidono in modo impressionante. Questo conferma l’attesa di una correzione imminente, prima di una ripartenza a febbraio: la mappa prospettata si estende fino a primavera, fornendo un indubbio vantaggio all'investitore.
Articolo a cura di Gaetano Evangelista
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